Cominciamo con “La favola pitagorica” di Giorgio Manganelli il nostro viaggio letterario in Abruzzo.
Giornalista, scrittore, traduttore, critico letterario ed esponente di spicco della neoavanguardia del Novecento italiano (scoprì Alda Merini, con la quale peraltro ebbe una relazione), Manganelli è un viaggiatore instancabile, dall’approccio originale e contemporaneo.
L’opera raccoglie i reportage effettuati per alcune testate giornalistiche, dal nord al sud dell’Italia, tra il 1971 e il 1989 fra i quali quello in Abruzzo, “freddissimo e sorprendente”, commissionato dal Messaggero (durerà tre mesi e lo farà col caporedattore abruzzese Pino Coscetta), dal quale scaturiranno, tra giugno e luglio dell’87, nove articoli.
Viaggiare per Manganelli non è uno spostarsi turistico, è una pratica elitaria, un’operazione intima e solitaria lontana dalle folle: viaggia da solo o con “sparuta e congeniale compagnia”, immergendosi nei luoghi in modo passionale e totalizzante, comprendendo appieno il cibo (una città di cui non si sperimenta il cibo è “rata e non consumata”), preferendo quelle che oggi chiameremmo località “minori”, destinazioni lontane dal turismo di massa e perciò autentiche.
Emerge così una sorta di preferenza per l’Abruzzo, “grande produttore di silenzio”, scenografia unica di monumenti e paesaggio. L’autore visita le città principali della regione e il racconto spazia dalla rutilante aggressività di Pescara, ai borghi antichi di Pescina e di Scanno, al volto appartato di Teramo; dalla fierezza culturale di Chieti, all’austero splendore del Parco Nazionale d’Abruzzo, reperto di una vita perduta, enclave quasi scostante. Paesaggi e richiami letterari ai figli più illustri di questa terra (D’Annunzio, Ovidio, Silone, Croce) s’intersecano, alla continua ricerca dell’essenza delle località: Pescara è “geometrica”, nuova; Teramo è “schiva”; L’Aquila immerge in un’atmosfera “orientale”; a Cocullo, famosa per la Processione dei Serpari, il primo giovedì di maggio (oggi il 1 maggio) si approccia ai rettili “dall’aria afflitta e spaesata”; descrive appassionatamente Atri e la sua cattedrale. Visita chiesette disseminate in piccoli paesi, percorre strade isolate o difficili, scarta gli eremi per pigrizia e forse la meta che sente più “sua” è proprio il Parco Nazionale: “un luogo discontinuo ai luoghi della vita quotidiana, un luogo entro il quale, e solo entro il quale, possono avvenire eventi, riti, gesti della vita, anche sogni, epifanie, visioni, che non sono possibili altrove: non possibili, che non vuol dire fisicamente impossibili, ma moralmente tali”. Pino Coscetta, nel suo “Viaggio in Abruzzo con Manganelli” (Solfanelli), dirà che l’esperienza consentì di “riconoscere la melodia interiore di un genio in perfetta armonia metafisica con una terra solitaria e schiva”.
L’edizione, di Adelphi, è disponibile per l’acquisto online a circa dieci euro sulle principali piattaforme di commercio elettronico.